domenica 13 maggio 2012

La buccia della Terra

Chissà perché ma, se ci fate caso, dalle mele c’è sempre qualcosa da imparare. Da quella che Eva offre ad Adamo, e la Strega Cattiva a Biancaneve, a quella che Steve Jobs ha impresso sui suoi Mac, iPod, iPhone, iPad; dalla Grande Mela (la città dove pare tutto succeda prima che altrove), a quella che, se mangiata ogni giorno, si dice tolga il medico di torno. Anche questa è la storia di una mela. Una mela che va colta sì, ma più che altro come esempio. Ed è un esempio rubato (vabbè, diciamo preso in prestito) dal professor Paolo Pileri, docente di pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, che m’è capitato d’ascoltare di recente. Il professore ha preso, giustappunto, una mela (credo fosse una Red delicious, ma non è che faccia differenza) e l’ha divisa in quattro spicchi. Ed ecco l’esempio. “Immaginate che questa mela sia il nostro pianeta, la Terra – ha detto il professore -. Se vogliamo calcolare quant’è il suolo a nostra disposizione, tre spicchi li dobbiamo mettere da parte, perché stanno sott’acqua, coperti da mari, laghi e oceani. Dello spicchio rimasto, metà va anch’esso messo da parte, perché è coperto dai ghiacci ai poli e alle latitudini estreme. Di quel che resta, un altro 40% non è coltivabile, perché paludoso, arido, scosceso o in alta montagna”. Insomma, della mela iniziale, resta ben poco. Ma non è finita. “La parte fertile del suolo – ha spiegato Pileri – è solo quella più superficiale. Poche decine di centimetri, dove si concentra l’humus. Insomma, la buccia dello spicchio rimasto”. Da quella fettina di buccia, però, noi umani (ormai a quota 7 miliardi) dipendiamo per moltissime ragioni. Per il cibo, ovvio. Ma il terreno ha anche la capacità di assorbire acqua e anidride carbonica. E di tenere in vita ecosistemi complessi. Almeno fino a quando non viene coperto dal cemento. Perché, a quel punto, è come se un pezzetto di quella buccia ce lo mangiassimo. Una scempiaggine, direte voi. Già. Però si dà il caso che sia proprio quello che stiamo facendo. Secondo la banca dati regionale Dusaf (Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali) e il Centro di ricerca sui consumi di suolo, tra il 1999 e il 2007, in Lombardia, la popolazione è cresciuta del 7,5%, ma il suolo urbanizzato (un modo più elegante per dire cementificato) è cresciuto dell’11,3%. Nella nostra regione, dice il rapporto Ambiente Italia 2011, il suolo viene consumato con una velocità di 4,4 metri quadrati per abitante all’anno. Cioè 117.000 metri quadri al giorno. Vuol dire che, di quella buccia, ci mangiamo sette piazze del Duomo di Milano al dì. E se guardiamo al nostro piccolo, nel 2010, la provincia di Mantova è stata, di gran lunga, quella che in Lombardia ha consumato più suolo pro capite: 15, 6 metri quadrati per abitante, contro una media regionale di 4,4 e nazionale di 3,9. Fra il 1999 e il 2007, la superficie antropizzata (altro sinonimo di cementificata) è cresciuta del 20%. Ecco, se la prossima volta vi dicono che della mela bisogna mangiare anche la buccia, sappiate che dipende dalla mela.

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