Il prezzo e il costo
di quel che compriamo
Non è più stagione di arance. Forse, però, di alcune arance faremmo bene a non dimenticarci: quelle di Rosarno, ad esempio. Ve le ricordate ancora, le immagini della rivolta? I giorni di guerriglia urbana fra extracomunitari e abitanti del paese. Gli spari, le sassaiole, le auto incendiate. E, poi, altre immagini: quelle dei posti (tuguri? rifugi? catapecchie? Fate voi) dove quegli immigrati, i raccoglitori di arance, vivevano.
No, non voglio star qui a distribuire torti e ragioni per quel che è successo in quell’angolo di Calabria. E’ che, non so a voi, ma a me quelle immagini, ogni volta che ho pelato un’arancia, hanno fatto venire in mente una domanda: il prezzo di quei tuguri, di quei rifugi, di quelle catapecchie è forse compreso nel prezzo al chilo delle arance che ho comprato? E, se non vi è compreso, non vorrà dire che le arance le pago poco (o comunque meno) proprio perché il costo aggiuntivo lo paga chi vive là dentro e sgobba per pochi euro l’ora?
Le arance, ovvio, sono solo un esempio. Se preferite, potete pensare ai vestiti che comprate per pochi euro sulle bancarelle del mercato. O ai gamberetti che, ormai, costano quasi meno dell’insalata. Non vi viene mai in mente di chiedervi se il prezzo e il costo di quel che compriamo siano la stessa cosa? O se ci siano invece costi che sullo scontrino non ci sono, perché quei costi non li paga chi compra (almeno non subito), ma qualcun altro?
Gli economisti la chiamano “esternalizzazione”: più riesci a “esternalizzare” i costi (cioè a farli pagare a qualcun altro, che non sia chi compra) e più puoi tenere bassi i prezzi, per vendere di più. Ma dove finiscono i costi “esternalizzati”? Svaniscono, forse? No davvero. Se faccio lavorare qualcuno in nero, senza assicurazione, di sicuro risparmio. E, se gli capita qualcosa, peggio per lui: pagherà di tasca sua il costo che io ho esternalizzato.
Più spesso ancora, capita che i costi esternalizzati li paghi l’ambiente. Entrate in un supermercato e comprate quattro mele. Stanno in una vaschetta di polistirolo, avvolte nel cellophane. Comodo, vero? Però quella vaschetta e quel cellophane, pochi giorni dopo, finiranno in discarica. Domanda: il costo dello smaltimento era forse compreso nel prezzo? No, però vi toccherà pagarlo lo stesso, nella bolletta dei rifiuti. Come in un reality: “sei stato esternalizzato”.
Silvia Pérez-Vitoria, autrice di “Il ritorno dei contadini” (Jaca Book, Premio Nonino 2009), al Festivaletteratura di Mantova ha spiegato: “Si dice che il cibo industriale costi poco: ma al prezzo che paghiamo dovremmo aggiungere il costo dei sussidi all’agricoltura, dei danni alla salute, tipo obesità, e di quelli all’ambiente”. Si potrebbero aggiungere, per dire, i costi delle sofferenze degli animali d’allevamento (leggete “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer, se volete farvi un’idea). Ma vale lo stesso per un sacco di prodotti industriali, magari sfornati da impianti opportunamente “delocalizzati” in posti dove si può inquinare di più e retribuire di meno.
Si può fare qualcosa, per ridurre la forbice fra prezzo e costo? Certo. Obbligare, come si è fatto, i produttori d’auto a rispettare le normative sulle emissioni, vuol dire “internalizzare” i costi dell’inquinamento che prima venivano scaricati sull’ambiente (cioè sui polmoni di tutti). Lo stesso vale per le classi di consumo energetico degli elettrodomestici o per la certificazione energetica degli edifici. Così, direte voi, va però a finire che chi compra deve pagare di più. Forse. Ma è sempre meglio che pagare un prezzo senza saperlo. O farlo pagare a qualcun altro. Non siete convinti? Abbiamo iniziato con le arance, finiamo con i meloni: un paio d’anni fa, a Viadana (Mantova), non in Calabria o in Cina, Vijay Kumar, un immigrato indiano, è morto sotto il sole di luglio perché s’è sentito male mentre raccoglieva meloni e, visto che era in nero, il suo datore di lavoro l’ha fatto spostare lontano dai suoi campi invece di chiamare subito i soccorsi. Davvero li avreste comprati, quei meloni lì, se vi avessero fatto lo sconto?
di quel che compriamo
Non è più stagione di arance. Forse, però, di alcune arance faremmo bene a non dimenticarci: quelle di Rosarno, ad esempio. Ve le ricordate ancora, le immagini della rivolta? I giorni di guerriglia urbana fra extracomunitari e abitanti del paese. Gli spari, le sassaiole, le auto incendiate. E, poi, altre immagini: quelle dei posti (tuguri? rifugi? catapecchie? Fate voi) dove quegli immigrati, i raccoglitori di arance, vivevano.
No, non voglio star qui a distribuire torti e ragioni per quel che è successo in quell’angolo di Calabria. E’ che, non so a voi, ma a me quelle immagini, ogni volta che ho pelato un’arancia, hanno fatto venire in mente una domanda: il prezzo di quei tuguri, di quei rifugi, di quelle catapecchie è forse compreso nel prezzo al chilo delle arance che ho comprato? E, se non vi è compreso, non vorrà dire che le arance le pago poco (o comunque meno) proprio perché il costo aggiuntivo lo paga chi vive là dentro e sgobba per pochi euro l’ora?
Le arance, ovvio, sono solo un esempio. Se preferite, potete pensare ai vestiti che comprate per pochi euro sulle bancarelle del mercato. O ai gamberetti che, ormai, costano quasi meno dell’insalata. Non vi viene mai in mente di chiedervi se il prezzo e il costo di quel che compriamo siano la stessa cosa? O se ci siano invece costi che sullo scontrino non ci sono, perché quei costi non li paga chi compra (almeno non subito), ma qualcun altro?
Gli economisti la chiamano “esternalizzazione”: più riesci a “esternalizzare” i costi (cioè a farli pagare a qualcun altro, che non sia chi compra) e più puoi tenere bassi i prezzi, per vendere di più. Ma dove finiscono i costi “esternalizzati”? Svaniscono, forse? No davvero. Se faccio lavorare qualcuno in nero, senza assicurazione, di sicuro risparmio. E, se gli capita qualcosa, peggio per lui: pagherà di tasca sua il costo che io ho esternalizzato.
Più spesso ancora, capita che i costi esternalizzati li paghi l’ambiente. Entrate in un supermercato e comprate quattro mele. Stanno in una vaschetta di polistirolo, avvolte nel cellophane. Comodo, vero? Però quella vaschetta e quel cellophane, pochi giorni dopo, finiranno in discarica. Domanda: il costo dello smaltimento era forse compreso nel prezzo? No, però vi toccherà pagarlo lo stesso, nella bolletta dei rifiuti. Come in un reality: “sei stato esternalizzato”.
Silvia Pérez-Vitoria, autrice di “Il ritorno dei contadini” (Jaca Book, Premio Nonino 2009), al Festivaletteratura di Mantova ha spiegato: “Si dice che il cibo industriale costi poco: ma al prezzo che paghiamo dovremmo aggiungere il costo dei sussidi all’agricoltura, dei danni alla salute, tipo obesità, e di quelli all’ambiente”. Si potrebbero aggiungere, per dire, i costi delle sofferenze degli animali d’allevamento (leggete “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer, se volete farvi un’idea). Ma vale lo stesso per un sacco di prodotti industriali, magari sfornati da impianti opportunamente “delocalizzati” in posti dove si può inquinare di più e retribuire di meno.
Si può fare qualcosa, per ridurre la forbice fra prezzo e costo? Certo. Obbligare, come si è fatto, i produttori d’auto a rispettare le normative sulle emissioni, vuol dire “internalizzare” i costi dell’inquinamento che prima venivano scaricati sull’ambiente (cioè sui polmoni di tutti). Lo stesso vale per le classi di consumo energetico degli elettrodomestici o per la certificazione energetica degli edifici. Così, direte voi, va però a finire che chi compra deve pagare di più. Forse. Ma è sempre meglio che pagare un prezzo senza saperlo. O farlo pagare a qualcun altro. Non siete convinti? Abbiamo iniziato con le arance, finiamo con i meloni: un paio d’anni fa, a Viadana (Mantova), non in Calabria o in Cina, Vijay Kumar, un immigrato indiano, è morto sotto il sole di luglio perché s’è sentito male mentre raccoglieva meloni e, visto che era in nero, il suo datore di lavoro l’ha fatto spostare lontano dai suoi campi invece di chiamare subito i soccorsi. Davvero li avreste comprati, quei meloni lì, se vi avessero fatto lo sconto?
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